TOFEE | Decision 0013163

ANNULLAMENTO N. 13 163 C (NULLITÀ)

Nuova Euroitalia S.r.l., Via Bianzana 40, 24124 Bergamo, Italia (richiedente), rappresentata da Avvocati Associati Franzosi Dal Negro Setti, Via Brera, 5, 20121 Milano, Italia (rappresentante professionale)

c o n t r o

Shoes & Company di Tosoni S. & C. s.n.c., Via dell'Arte 9/A, 63018 Porto Sant'Elpidio (FM), Italia, (titolare) rappresentata da Avv. Benedetta Dolci, Via dei Gabbiani, 50 - scala E, interno 6, 60018 Marina di Montemarciano (AN), Italia (rappresentante professionale).

Il 10/04/2017, la Divisione di Annullamento emana la seguente

DECISIONE

1.        La domanda di nullità è accolta.

2.        Il marchio dell’Unione europea n. 10 358 893 è dichiarato interamente nullo.

3.        La titolare del marchio dell’Unione europea sopporta l’onere delle spese, fissate in 1 080 EUR.

 

MOTIVAZIONI

In data 23/06/2016 la richiedente ha presentato una domanda di nullità contro il marchio denominativo dell’Unione Europea n. 10 358 893 TOFEE (nel prosieguo, il ‘MUE contestato’), depositato il 21/10/2011 e registrato il 22/03/2012. La domanda è diretta contro tutti i prodotti coperti dal MUE contestato, vale a dire:

Classe 25:         Scarpe, scarpe in gomma, stivali, stivali con lacci, stivali alla caviglia, scarpe da ginnastica, scarpe con i tacchetti, scarpe da calcio, scarpe da spiaggia, stivali per la pioggia, scarponcini per lo sport, galoche, ciabatte, ciabattine, sandali, sandali con tacco, infradito, scarpe in legno, pantofole, suole, tacchi, tomaie.

La richiedente ha invocato l’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

SINTESI DEGLI ARGOMENTI DELLE PARTI

La richiedente la nullità deduce un motivo unico, relativo alla violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), RMUE, e presenta i seguenti argomenti:

  • La richiedente è una società attiva da anni nel settore delle calzature (in particolare, pantofole e ciabatte) e accessori per borse in Italia e all’estero. Dal 2002 l’attività commerciale della richiedente è caratterizzata dall’utilizzo del segno ‘TOFEE’, ideato dall’amministratore unico della stessa richiedente.

  • Il segno denota un elevato grado di distintività posto che la parola tofee identifica un tipo di caramelle che non hanno alcuna attinenza con i prodotti per i quali il segno è utilizzato. Il segno, inoltre, gode di una certa notorietà nel settore delle calzature e degli accessori, grazie alla costante commercializzazione di prodotti a livello italiano ed europeo.

  • La richiedente si è avvalsa di vari collaboratori, i quali, in ottemperanza alle direttive dell’amministratore unico, hanno contribuito alla diffusione capillare dei prodotti in quasi tutte le regioni d’Italia, oltre che all’estero. In occasione della Fiera “ExporivaSchuh” di Riva del Garda, nel gennaio dell’anno 2005, la titolare è entrata in contatto con la richiedente e, nello stesso anno, le parti hanno siglato un contratto in virtù del quale la titolare curava la distribuzione e la promozione dei prodotti a marchio ‘TOFEE’ in alcune regioni del centro Italia. L’accordo prevedeva la fornitura dei prodotti a marchio ‘TOFEE’ della richiedente alla titolare.

  • Nel corso del 2012, in pendenza di tale contratto, la titolare ha diminuito progressivamente gli ordini dei prodotti della richiedente, perché, come poi stato confermato, aveva avviato trattative con un’azienda spagnola per la produzione di calzature, poi immesse in commercio in Italia, contrassegnate dal marchio ‘TOFEE’, le quali venivano offerte, tra gli altri, agli stessi clienti della richiedente.

  • Alla fine del 2012, la richiedente ha deciso di interrompere la collaborazione con la titolare poiché venuta a conoscenza del deposito di una domanda di registrazione italiana per il marchio ‘TOFEE’, avvenuto in data 26/04/2011, e del deposito del MUE contestato.

  • Nel 2014, la richiedente ha avviato un giudizio nei confronti della titolare e altre società dinanzi il Tribunale di Ancona (causa N.R.G. 4184/2014) chiedendo, tra gli altri, la nullità del marchio italiano sopra citato.

  • Alla luce delle vicende commerciali che hanno legato le parti, è evidente che al momento del deposito della domanda del MUE contestato, la titolare fosse a conoscenza del segno utilizzato dalla richiedente. Ciononostante la titolare ha depositato un segno identico per prodotti identici, con la finalità di inserirsi sulla scia commerciale della richiedente conseguendo illecitamente i suoi clienti.

A sostegno delle proprie osservazioni, la richiedente ha fornito le seguenti prove:

  • Documento 1: Certificato di registrazione del MUE contestato.

  • Documento 2: Estratti da riviste tedesche recanti riferimenti al marchio ‘TOFEE’ associato a calzature e al nome della richiedente. Gli estratti non sono datati, ma in uno di essi è possibile riconoscere un riferimento alla fiera Expo Riva Shoe 2012 seguito dal marchio in esame e dal nome della richiedente.  

  • Documento 3: Affidavit sottoscritti nel 2014 da tre collaboratori della richiedente (un agente, un consulente di moda e un’impiegata amministrativa) e contenenti informazioni circa lo sviluppo, commercializzazione e promozione di prodotti a marchio ‘TOFEE’ nei mercati italiano e tedesco dal 2001 a oggi. Inoltre, le dichiarazioni individuano l’amministratore unico della richiedente come creatore e utilizzatore del segno in esame in relazione a calzature e borse sin dal 2001. Vi è anche un riferimento alla società della titolare, i cui rappresentanti, secondo quanto attestato, si sarebbero offerti, nel gennaio 2005, a divenire distributori dei prodotti della richiedente.  

  • Documento 4: Fatture, datate nel biennio 2003-2004, inviate dalle società Scatolificio F. B. S.r.l. e Etichettificio Jolly alla richiedente per la fornitura di scatole e etichette. Alcune fatture mostrano la dicitura ‘TOFEE’.

  • Documento 5: Materiale comprensivo di documenti datati 2004, 2005, 2006 e 2015 attestanti la vendita di calzature a marchio ‘TOFEE’ della richiedente a clienti italiani.

  • Documento 6: Copia di un listino prezzi del 26/01/2004 per prodotti a marchio ‘TOFEE’ della richiedente, accompagnato da una lista di clienti della stessa richiedente.

  • Documento 7: Copia di una e-mail inviata da una dipendente della richiedente al Sig. Fabio Lombardi in data 11/01/2007, avente come oggetto l’invio del listino prezzi per la stagione invernale 2007.

  • Documento 8: Copia di uno scambio di comunicazioni avvenuto tra gennaio 2005 e marzo 2006 tra le parti in merito all’accordo di distribuzione con il quale la titolare  otteneva un mandato di distribuzione esclusiva dei prodotti della richiedente in Abbruzzo, Campania, Lazio, Marche, Molise, Toscana e Umbria. La corrispondenza include anche una comunicazione della richiedente alla titolare inviata in data 21/02/2012 avente ad oggetto il listino prezzi delle calzature per la stagione 2012-2013 e contenente riferimenti al segno ‘TOFEE’.

  • Documento 9: Fattura del 21/09/2012 inviata dalla richiedente alla titolare relativa alla fornitura di pantofole invernali. Dal contenuto della fattura si evince che tale operazione rientrava nell’ambito della distribuzione esclusiva di prodotti della richiedente a marchio ‘TOFEE’.

  • Documento 10: Copia di una e-mail inviata in data 14/05/2009 dalla titolare alla richiedente in merito ad un ordine di pantofole effettuato dalla stessa titolare per la stagione invernale 2009/2010. Negli allegati all’e-mail compare il marchio ‘TOFEE’.  

  • Documento 11: Copia del certificato di registrazione del marchio verbale italiano n. 1 458 185 ‘TOFEE’, depositato il 26/04/2011 e registrato il 21/09/2011 a nome della titolare. Il certificato contiene riferimenti a una trascrizione del 27/09/2014 per la cessione della registrazione a favore della richiedente.

  • Documento 12: Copia dell’ordinanza cautelare emessa dal Tribunale di Ancona in data 06/10/2014.

  • Documento 13: Immagini di prodotti recanti il marchio ‘TOFEE’.

In data 10/10/2016 la titolare presentava una richiesta di sospensione del procedimento in ragione della pendenza di un procedimento in Italia avente come oggetto una dichiarazione di nullità presentata dalla richiedente avverso il marchio italiano n. 1 458 185 della titolare.

Nella comunicazione inviata in data 13/10/2016, l’Ufficio informava le parti che la richiesta di sospensione della richiedente non veniva ritenuta opportuna rilevando, inoltre, che tale richiesta non era stata supportata da alcun materiale documentale.

Nella stessa comunicazione l’Ufficio informava la titolare che il termine per depositare eventuali osservazioni veniva prorogato al 19/10/2016. Poiché decorso tale termine la titolare non aveva presentato alcuna replica, in data 31/10/2016 l’Ufficio comunicava alle parti che la fase in contraddittorio era conclusa e che una decisione nel merito sarebbe stata presa in base alle prove in suo possesso.

MOTIVI DI NULLITÀ ASSOLUTA – ARTICOLO 52, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

Principi generali

L’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), RMUE stabilisce che il marchio dell’Unione Europea è dichiarato nullo allorché al momento del deposito della domanda di marchio la titolare ha agito in malafede.

Non esiste una definizione giuridica precisa del termine “malafede”, il quale si presta a varie interpretazioni. La malafede è una condizione soggettiva basata sulle intenzioni del richiedente al momento del deposito del marchio dell’Unione europea. In linea generale, le intenzioni in quanto tali non sono soggette a conseguenze giuridiche. Perché sussista malafede, è necessaria in primo luogo un’azione da parte del titolare del marchio dell’Unione europea che rifletta chiaramente un’intenzione disonesta e, in secondo luogo, una norma obiettiva sulla base della quale tale azione può essere misurata e di conseguenza considerata come azione in malafede. Sussiste malafede quando il comportamento del richiedente di un marchio dell’Unione europea si discosta dai principi accettati di comportamento etico o dalle consuetudini commerciali e professionali di lealtà, che può essere accertato valutando i fatti oggettivi di ciascuna fattispecie rispetto a tali standard (Conclusioni dell’avvocato generale Sharpston del 12/03/2009, C-529/07, Lindt Goldhase, EU:C:2009:361, § 60).

Occorre rilevare che l’esistenza della malafede della titolare al momento del deposito della domanda di marchio dev’essere valutata globalmente, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (11/06/2009, C-529/07, Lindt Goldhase, EU:C:2009:361, § 37).

L’onere della prova della sussistenza della malafede spetta al richiedente la nullità; la buona fede è presunta finché non è provato il contrario.

Valutazione della malafede

Nella fattispecie, la richiedente la nullità adduce, in sostanza, che per constatare la malafede della titolare al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato occorre prendere in considerazione le seguenti circostanze:

  1. Sin dal 2002 l’attività commerciale della richiedente è caratterizzata dall’utilizzo del segno ‘TOFEE’ per contraddistinguere calzature e accessori per borse in Italia.

  1. Nel 2005 le parti entrano in contatto e siglano un accordo per il quale la titolare diviene distributore esclusivo dei prodotti a marchio ‘TOFEE’ della richiedente in alcune regioni del territorio italiano.

  1. In data 21/10/2011 la titolare procede al deposito della domanda di registrazione del MUE contestato.

  1. Alla luce dei rapporti commerciali fra le parti, è evidente che al momento del deposito della registrazione contestata, la titolare fosse a conoscenza del segno utilizzato dalla richiedente. Ciononostante la titolare ha deposito un segno identico per prodotti identici, con la finalità di inserirsi sulla scia commerciale della richiedente conseguendo illecitamente i suoi clienti.

Nella sentenza dell’11/06/2009, Lindt Goldhase (C-529/07, EU:C:2009:361, § 53), la Corte ha dichiarato che, ai fini della valutazione dell’esistenza della malafede della titolare, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), RMUE, occorre prendere in considerazione tutti i fattori pertinenti propri del caso di specie, in particolare:

  • il fatto che la titolare del MUE contestato sappia o debba sapere che un terzo utilizza, almeno in uno Stato membro, un segno identico o simile per un prodotto identico o simile e confondibile con il segno di cui viene chiesta la registrazione;

  • l’intenzione della titolare del MUE contestato di impedire a tale terzo di continuare ad utilizzare un siffatto segno;

  • il grado di tutela di cui godono il segno del terzo ed il MUE contestato.

In merito a quest’ultimo punto occorre, valutare e mettere a confronto il rispettivo grado di tutela giuridica acquisito sul segno dalla richiedente la nullità e dalla titolare del MUE contestato (11/06/2009, Lindt Goldhase, C-529/07, EU:C:2009:361, § 53).

A tal riguardo, le prove e i fatti esposti dalla richiedente, e non confutati dalla titolare, indicano che, al momento del deposito della domanda di registrazione del MUE contestato, la medesima richiedente aveva maturato un certo grado di tutela giuridica sulla dicitura ‘TOFEE’ conseguente all’uso della stessa per contraddistinguere calzature nel mercato italiano. Il materiale probatorio della richiedente, comprensivo di dichiarazioni sottoscritte da terzi (Documento 3), fatture da fornitori (Documento 4), listini prezzi (Documento 6) e, in particolare, documenti relativi alla spedizione e al trasporto di merci a clienti residenti in Italia (Documento 4), attesta che essa ha intrapreso attività commerciali associate al marchio in esame sin dal 2001.

Dalle osservazioni e dalle prove prodotte risulta evidente, inoltre, che la titolare era a conoscenza del segno anteriore della richiedente al momento del deposito del MUE contestato. Dai documenti versati agli atti, infatti, emerge che nel gennaio 2005 le parti avevano intrapreso uno scambio di comunicazioni con l’obiettivo di raggiungere un accordo per la distribuzione dei prodotti della richiedente nelle regioni Abbruzzo, Campania, Lazio, Marche, Molise, Umbria e Toscana.

Tuttavia, per valutare l’eventuale malafede della titolare alla data del deposito, occorre esaminare le sue intenzioni, in quanto la conoscenza della titolare in merito all’uso del segno anteriore non è, di per sé, una circostanza sufficiente perché si possa presumere la malafede di quest’ultima (11/06/2009, Lindt Goldhase, C-529/07, EU:C:2009:361, §  40). Tali intenzioni possono essere dedotte dalle circostanze oggettive e dal suo operato concreto, dal ruolo o dalla posizione rivestita, dalle relazioni di natura contrattuale, precontrattuale o post-contrattuale che intratteneva con la richiedente la nullità, dall’esistenza di doveri o obblighi reciproci, inclusi quelli di lealtà e di correttezza [che ne scaturiscono] … e, più in generale, da tutte le situazioni oggettive di conflitto d’interessi in cui la titolare del MUE contestato si è trovata ad operare (11/07/2013, T-321/10, Gruppo Salini, EU:T:2013:372, § 28).

Ebbene, dalla documentazione agli atti emerge che nel 2006 la richiedente ha conferito un mandato di distribuzione esclusiva alla titolare fornendo, inter alia, una lista di clienti da contattare nel territorio stabilito, listini prezzi e altri dettagli in merito ai quantitativi minimi delle merci da porre in commercio che la titolare avrebbe dovuto ordinare per dar seguito alla collaborazione. Le parti hanno dato attuazione all’accordo, collaborando per il compimento delle attività in esso descritte almeno fino al 2012, come si evince dal fax del 21/02/2012 e dalla fattura del 21/09/2012 inviati dalla richiedente alla titolare con riferimento a calzature a marchio ‘TOFEE’.

La Divisione di Annullamento deve quindi prendere atto che, al momento del deposito del marchio in esame, la titolare aveva impegni contrattuali nei confronti della richiedente. Sebbene non vi siano riferimenti alle specifiche clausole presenti nell’accordo, i fatti sopra esposti e comprovati dalla richiedente, mostrano che al momento del deposito del MUE contestato sussisteva un rapporto contrattuale e commerciale tra le parti tale da lasciar intendere che fosse corretto aspettarsi che la titolare si astenesse dal presentare una domanda di registrazione per un marchio identico a un segno su cui la richiedente vantava diritti anteriori e che rientrava nell’ambito dell’accordo succitato (13/12/2004, R 582/2003-4 - “East Side Mario’s”, § 23).

La titolare ha dunque violato obblighi di lealtà e correttezza che derivano da un vincolo contrattuale e che le incombevano nei riguardi della richiedente. Essa, infatti, doveva rendersi conto del conflitto d’interessi tra l’essere il distributore della richiedente e il deposito di un marchio identico a quello di quest’ultima (11/07/2013, T-321/10, Gruppo Salini, EU:T:2013:372, § 28).

Da tutti i suesposti rilievi e da una valutazione complessiva di tutti i fattori pertinenti, la situazione oggettiva che emerge dalla fattispecie in esame è quella in cui un segno distintivo è stato usurpato per avvantaggiarsi indebitamente del valore di avviamento costruito da terzi. Infatti, vi è malafede quando la titolare, attraverso la registrazione, si propone lo scopo di avanzare pretese sul marchio di un terzo con cui ha avuto rapporti contrattuali o precontrattuali o qualsiasi tipo di rapporto in cui è applicabile il principio della buona fede, che impone al titolare del marchio dell’Unione Europea il dovere di correttezza in relazione alle aspettative e agli interessi legittimi dell’altra parte (13/11/2007, R 336/2007-2 – ‘Claire Fisher/Claire Fisher’, § 24)

La titolare, peraltro, non ha presentato osservazioni su eventuali obiettivi legittimi perseguiti mediante il deposito e ha, di fatto, rinunciato a confutare l’esposizione dei fatti e degli argomenti della richiedente.

Alla luce di quanto sopra, si conclude che la titolare ha agito in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), RMUE      

Conclusioni

Discende da quanto sopra che la domanda deve essere accolta nella sua interezza e che il MUE contestato deve essere dichiarato nullo per tutti i prodotti contestati.

SPESE

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in una procedura di annullamento sopporta l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

Poiché risulta soccombente, la titolare del marchio dell’Unione europea deve sopportare l’onere delle tasse di annullamento nonché tutte le spese sostenute dal richiedente nel corso di tale procedimento.

Secondo la regola 94, paragrafi 3, 6 e 7, lettera d), punto iii), REMUE, le spese da rimborsare al richiedente sono la tassa di annullamento e le spese di rappresentanza, che devono essere determinate sulla base degli importi massimi ivi stabiliti.

La Divisione di Annullamento

Jessica LEWIS

Pierluigi M. VILLANI

José Antonio GARRIDO OTAOLA

Ai sensi dell'articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell'articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all'Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

L'importo fissato nell'atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della divisione di annullamento. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).

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